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Il pipistrello Copertina flessibile – 28 marzo 2017
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- Lunghezza stampa416 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione28 marzo 2017
- Dimensioni13.4 x 3.5 x 20.8 cm
- ISBN-108806234269
- ISBN-13978-8806234263
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Dall'editore

Norberto Bobbio
“È uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”
Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (28 marzo 2017)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 416 pagine
- ISBN-10 : 8806234269
- ISBN-13 : 978-8806234263
- Peso articolo : 370 g
- Dimensioni : 13.4 x 3.5 x 20.8 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 34,481 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 760 in Thriller con suspense
- n. 865 in Gialli e thriller di azione e avventura
- Recensioni dei clienti:
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Recensito in Italia il 28 marzo 2021
-
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Un po' prevedibile ma valido
Una mi storia non troppo originale ma abbastanza tesa mi aspettavo di più
Ne leggerò senza dubbio almeno un altro, perché mi incuriosisce e perché forse, mi dico, l’ho letto nel momento sbagliato, ma ci sono cose che a me non piacciono e tutta la storia, il movente soprattutto, mi sembra un grande “boh!”.
Un poliziotto norvegese viene inviato a Sidney, Australia, per indagare sull’omicidio di una giovane connazionale. Appena arrivato gli dicono che lui può stare a guardare, ma non intervenire. E già mi sembra la scena di un film anni ’70, coi dialoghi macho. Poteva esserci un Clint Eastwood qualunque al suo posto, e già sapevi che mai e poi mai sarebbe stato zitto e buono, figurati! Ma va bene, andiamo avanti.
Viene affiancato a un aborigeno, e anche qui mi immagino Hollywood che dà fondo ai suoi cliché, che lo porta in giro apparentemente senza senso. E io mi perdo. E mi annoio a sentire tutte ‘ste storie sull’Australia, questo che gli racconta robe che ti dici, sì, ok, ma a che cosa mi serve? E poi, anche dopo, digressioni lunghe e inutili, o meglio, secondo me mal inserite, mal raccontate. Tu lettore capisci che l’autore ti doveva dire quella roba lì, ma non sapeva come fare. Infodump?
E poi monologhi. E salti logici, che però forse sono io che ho saltato pezzi e non ho capito, che mi sono distratta. L’ho letto su kindle, quindi so esattamente quando ho capito chi fosse l’assassino. Al 55% del libro.
E avevo ragione.
Non sono un genio, ma i puntini li so unire anch’io, non solo Harry Hole.
A proposito di H.H.: non mi piace. Uno che cerca la rissa e si ubriaca da star male (sì, è un ex alcolizzato, ok, ma non mi piace lo stesso). Ve l’ho detto: Clint Eastwood anni ’70.
Alcol, tabacco e risse.
E niente. Almeno non c’è il lieto fine, la cosa migliore del libro.
Ma vende, piace e quindi la mia voce che dice che non sia un bel libro vale a poco in questi giorni di deriva di cultura e di bellezze.
Forse qualcuno dividerà questo mio sentire, ma i più mi riterranno pazzo o fuori dal mondo.
Aggiungo che la traduzione fa acqua da tutte le parti, perché usa parole a volte inconsuete invece dei loro sinonimi “normali” e soprattutto perché queste parole sono dette da personaggi che non hanno quel tipo di lessico.
La trama scade nel ridicolo più volte. Ci sono incongruenze che nemmeno un lettore poco attento, e io non lo sono, si lascerebbe scappare.
Alla fine sono stato felice di averlo finito, ma proprio per il fatto che era finito.
La miriade di flashback che raccontano l’infanzia del protagonista i i suoi ricordi sono fastidiosi al pari, se non di più, della tendenza didascalica di voler parlare al microfono del bus virtuale su cui ci si trova a viaggiare per illustrare ogni angolo dell’Australia.
Tolta questa brodaglia scritta male e irritante, la storia è quella dell’ennesimo serial killer e del poliziotto outsider e con problemi che sarà più bravo di tutti a risolvere il caso.
Davvero patetico.
Meno peggio di Joël Dicker, ma davvero di poco.
Direi solo per il numero minore di pagine da leggere.
Sono anche sicuro che chi ha apprezzato questo libraccio si sia limitato al solo aspetto narrativo, alla curiosità (?) che spinge a vedere cosa succede e a girare una pagina dopo l’altra.
Ma bisogna essere lettori ben sprovveduti per essere d’accordo con la tagline del Subday Times che ho messo in foto.
Leggete Colin Dexter o Camilleri o Macchiavelli o Scerbanenco o Sjöwall e Wahlöö e lasciate perdere questo libro, se la pensate come me.

Recensito in Italia 🇮🇹 il 28 marzo 2021
Ma vende, piace e quindi la mia voce che dice che non sia un bel libro vale a poco in questi giorni di deriva di cultura e di bellezze.
Forse qualcuno dividerà questo mio sentire, ma i più mi riterranno pazzo o fuori dal mondo.
Aggiungo che la traduzione fa acqua da tutte le parti, perché usa parole a volte inconsuete invece dei loro sinonimi “normali” e soprattutto perché queste parole sono dette da personaggi che non hanno quel tipo di lessico.
La trama scade nel ridicolo più volte. Ci sono incongruenze che nemmeno un lettore poco attento, e io non lo sono, si lascerebbe scappare.
Alla fine sono stato felice di averlo finito, ma proprio per il fatto che era finito.
La miriade di flashback che raccontano l’infanzia del protagonista i i suoi ricordi sono fastidiosi al pari, se non di più, della tendenza didascalica di voler parlare al microfono del bus virtuale su cui ci si trova a viaggiare per illustrare ogni angolo dell’Australia.
Tolta questa brodaglia scritta male e irritante, la storia è quella dell’ennesimo serial killer e del poliziotto outsider e con problemi che sarà più bravo di tutti a risolvere il caso.
Davvero patetico.
Meno peggio di Joël Dicker, ma davvero di poco.
Direi solo per il numero minore di pagine da leggere.
Sono anche sicuro che chi ha apprezzato questo libraccio si sia limitato al solo aspetto narrativo, alla curiosità (?) che spinge a vedere cosa succede e a girare una pagina dopo l’altra.
Ma bisogna essere lettori ben sprovveduti per essere d’accordo con la tagline del Subday Times che ho messo in foto.
Leggete Colin Dexter o Camilleri o Macchiavelli o Scerbanenco o Sjöwall e Wahlöö e lasciate perdere questo libro, se la pensate come me.

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