Recensione cliente

Recensito in Italia 🇮🇹 il 13 settembre 2019
Il tenente Roversi torna con questa seconda indagine in un libro che nel complesso meno interessante del capostipite, ma regala comunque alcune ore di ottimo intrattenimento che sarebbe più godibile grazie a un editing maggiormente accurato: anche sotto questo aspetto, ‘Il mistero di Abbacuada’ si fa preferire. La parte migliore risulta come di consueto il bel tratteggio dei personaggi che si affacciano nel racconto, non solo gli ormai abituali (la variegata casa di Gualandi, il gruppo del caffè in centro), ma pure quelli di passaggio a partire dalle vittime fino al bar Marsiglia, locale dei bassifondi i cui avventori non paiono peraltro molto svegli visto che non hanno neppure un sospetto che Roversi non sia uno di loro nonostante tutte le domande che pone. Più scontata la figura del cattivo, politico rampante e senza molti scrupoli, posto subito sotto un faro che lascia pochi dubbi su dove andrà a parare l’investigazione principale che prende le mosse dall’omicidio di due senzatetto: malgrado la buona costruzione con radici nel passato e qualche abile falso indizio (la schedina), l’eccesso di caratterizzazione di Vittorio Pintus indebolisce la struttura gialla, aspetto sul quale l’autore deve forse lavorare in misura maggiore. Più interessanti, se vogliamo, si rivelano le indagini parallele che hanno come centro Villa Ada e soprattutto l’intraprendente Caterina che, seguendo la pista di una misteriosa invasione di gatti gialli arriva a scoprire un brutto caso di violenza domestica (un po’ telefonato, è vero, però il percorso per giungervi è ben costruito). In un tripudio di sottotrame si aggiungono il misterioso iettatore che d’improvviso affligge il locale frequentato da Gualandi e compagnia (occasione di un sorriso ai danni della credulità delle persone anche istruite) e in special modo la visita da Bologna della rossa e appariscente Flavia che va a rivangare nel vissuto del protagonista facendo al contempo scattare la gelosia di Caterina. Il legame con la capitale emiliana fornisce alla vicenda una continuità tra il superfluo e il fastidioso (il cliffhanger conclusivo durante il cenone natalizio) che in ogni caso può essere tranquillamente ignorata in favore dello scorrere della narrazione.
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