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L'Arminuta Copertina flessibile – 5 febbraio 2019
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- Lunghezza stampa176 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione5 febbraio 2019
- Dimensioni3 x 2 x 2.1 cm
- ISBN-108806239848
- ISBN-13978-8806239848
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Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (5 febbraio 2019)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 176 pagine
- ISBN-10 : 8806239848
- ISBN-13 : 978-8806239848
- Peso articolo : 210 g
- Dimensioni : 3 x 2 x 2.1 cm
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Recensito in Italia il 23 settembre 2019
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Nel momento in cui la piccola bussa alla porta della casa dei genitori naturali, diventa L’Arminuta.
"Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l’altra mi aveva restituita a tredici anni"
Lei, ovviamente, non sapeva nulla del suo passato. Aveva una vita felice, una mamma e un papà, le amiche, le piccole e belle cose della vita di una ragazzina (scuola, danza, piscina etc..), quelle certezze che servono a vivere ancorati a qualcosa, poi toc toc, si apre una porta e crolla tutto. Hai davanti una mamma che ha troppe cose da fare per un sorriso o una carezza, un padre che lavora alla fornace e lo vedi solo la sera, dei fratelli che non ti vedono come sorella e sembrano del tutto incapaci di provare affetto; non se lo possono permettere nella nuova famiglia. Un fratellino neonato che ha tanti problemi e poi c’è lei, Adriana, la sorella minore, la persona che ti aiuta a ritrovarti dopo che tutto è andato perso.
"Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere"
Donatella Di Pietrantonio ci ha vinto il Campiello, L’Arminuta è uno dei libri dell’anno. Una gran bella prova letteraria che mi ha fatto tornare in mente un libro che ho molto amato: Mille anni che sto qui di Mariolina Venezia. Saghe familiari minori, piccoli paesi, gente povera, quelle atmosfere contadine piene di credenze, magie e superstizioni, il ruolo forte delle donne…Donatella Di Pietrantonio ha scelto di non identificare i luoghi, ma non è difficile scorgere l’Abruzzo dentro le pagine del libro. Tutti quelli che sono nati in un qualche piccolo paese del Sud, diciamo dagli anni ’70 in poi, non faticheranno a trovare atmosfere familiari: in ogni piccolo paese c’è il giovane morto in un incidente in moto, quella tragedia si racconta ancora nonostante gli anni e al cimitero si passa a salutare quella tomba. In ogni piccolo paese c’è la vedova che accoglie i bambini del piano di sopra e ci sono vicini che preparano il “consolo” alla famiglia che ha avuto un lutto. In ogni paese c’è qualche bimbo nato povero e dato a qualche parente in grado di dargli un futuro migliore, in ogni paese ci sono quelli che sono tornati e resteranno sempre forestieri, in ogni paese c’è la vecchia maga che cura con le piante e la bava di lumaca e c’è il bicchiere di acqua e zucchero che serve per curare tutto. La vecchia maga dell’Arminuta, però, conosce i suoi limiti, sa che non c’è nulla che possa alleviare il dolore della madre che ha perso il figlio.
"Pi lu male chi ti’ tu, ji la midicine ni lli tinghe" (non ho la medicina per curare il male che hai tu)
Nel piccolo paese, manco a dirlo, tutti sapevano tutto dell’Arminuta. Lei è stata l’ultima a conoscere la verità, ma l’ha cercata fino in fondo. Ed è stata quella voglia di capire che poi la porterà ad accettare il distacco, cominciare a ricucire lo strappo della sua esistenza e a pacificarsi con la propria vita.
"Non hai colpa se dici la verità. E’ la verità che è sbagliata"
Il mio voto: quattro stelle su cinque, consigliatissimo. Donatella Di Pietrantonio ha stoffa, qualità narrative e potrebbe essere la scrittrice ideale a raccontare un mondo che ci appartiene ma che stiamo cancellando velocemente dalla nostra identità. In questa storia con tratti da fiaba illumina pezzi di vita apparentemente minori, ma di grande significato per ognuno.Non lo considero un capolavoro della letteratura, ma ci manca poco. La conclusione repentina della storia mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca ma è stato lo stimolo che mi ha fatto riflettere per giorni su alcuni passaggi del libro, come lo scatto che fa cadere la sedia, che sono determinanti per capire il tutto. Con queste premesse, il prossimo libro della scrittrice abruzzese sarà da consegnare agli annali della letteratura. Sono già in attesa.
Nell’Arminuta si affrontano con il giusto linguaggio della letteratura grandi temi della vita come la maternità, la morte, l’amore e le bigotterie di quei tempi, l’essere figlio, la promiscuità nelle famiglie troppo numerose in case troppo piccole. A me è piaciuto tutto, soprattutto l’atmosfera da piccolo paese, la famiglia povera che nonostante tutto intuisce le capacità dell’Arminuta, la mamma vera che fatica a dimostrarle un po’ di affetto come se sentisse ancora vivo il distacco, le corriere, i postali, la taverna con il telefono, la professoressa delle scuole medie….Quello raccontato è un mondo non facile ma chiaro, dove i ruoli sono definiti, dove i personaggi non possono permettersi complicazioni, dove si fa Natale con due torroni comprati la sera della Vigilia. Un mondo che a volte capita di rimpiangere. Il libro merita, soprattutto per Adriana: la sorella che fa la sorella. Un gran bel personaggio. Quella che non ha “la coccia” dell’Arminuta, bravissima a scuola, ma che sa come vivere (in paese e forse anche in città)
"Tu se vuoi sta’ ecco, i verbi te li devi impara’ pure in dialetto"
Vive immediatamente un senso di svuotamento, sottrazione, perdita di quella che, amata in quanto mamma, da oggi è divenuta semplicemente madre, termine svuotato del proprio significato primario.
È costretta, così giovane, ad interrogarsi sul mondo degli adulti, dei coetanei e a ridefinire il concetto di se' e tutto quello che un tredicenne vive e percepisce del proprio mondo, d' improvviso fragile e senza certezze.
Siamo alla metà degli anni '70, in un Abruzzo arroccato nella asprezza dei propri abitanti, una terra arida, povera, con una pronunciata ambivalenza tra un pezzo di costa aperto al mare ed una montagna involuta, retrograda, intrisa di rituali secolari, da sempre svuotata di spiritualità e tenerezza famigliare.
La giovane protagonista vive un dramma personale, uno sradicamento che acquisisce un senso nell' immaginario ( la possibile malattia della madre adottiva ) passando da una vita piena ed agiata di una cittadina di mare, con genitori adottivi ( uno zio e la moglie ) colti ed attenti, cultura, amici, agiatezza, ad un azzeramento, l' origine, quel ritorno ai genitori reali, in un' area esclusa e sottratta alla civiltà.
È una famiglia allargata in una casa ristretta, prevalgono sguardi sprezzanti, sporcizia, indifferenza, noncuranza, è una caduta verticale in una vita con altre priorità, una quotidiana lotta per la sopravvivenza e una miseria che oltrepassa la fame oltre un forte disgusto per l' assenza dì ogni possibile condivisione.
Sospinta in un reale neppure immaginabile, con la speranza di un imminente ritorno al passato, dopo il rifiuto e la rabbia, sbircia, scruta, conosce, instaura legami dapprima solo obbligati, poi anche affettivi, con il respiro lento e malinconico di una vita diversa.
Ma il proprio afflato, ( è una brillante studentessa ), quel passato che ne aveva forgiato la diversità, inevitabilmente la riporterà all' origine ( la città ), lo studio è sempre stato nelle sue corde, anche se nuove e sorprendenti rivelazioni ne segneranno il destino.
Lei stessa è cambiata, il vissuto ed i traumi invero rimarranno per sempre e ciò che il mondo degli adulti le ha fatto è imperdonabile.
I temi di " L' Arminuta " abbracciano la complessità dei rapporti famigliari, la contrapposizione tra affetti e vita, desideri infantili ed adolescenziali inseriti e rigettati in un mondo adulto crudele, egoistico, indifferente, impreparato. C' è chi ricerca la felicità ed il completamento personale dimentico degli affetti e dei desideri figliali e chi è distratto, anaffettivo, violento, retrogrado e non ha tempo ne' attitudini socio-culturali per affrontare e partecipare ai bisogni altrui.
L' intelligenza e la sensibilità della protagonista la legheranno ad una dimensione dolce-amara, unendola a due fratelli ( in un sentimento d' amore e di amicizia ), in particolare alla sorella minore Adriana, sola e desiderosa di certezze affettive solide e durature.
Negli anni rimarranno sonni irrequieti ed un senso di ansia per quella sorella, accompagnata da oscuri terrori e fantasmi del passato. Il senso di non appartenenza e sradicamento è perenne, come la non consuetudine al ritorno. La complicità ne segnerà la salvezza e da Adriana apprenderà la forza della resistenza.
Il dramma adolescenziale sta nella propria invisibilità ed in quell' abbandono per il quale ad un certo punto si finisce con il colpevolizzare se stessi. Rimane l' idea di essere figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze, non sapendo più da chi si proviene.
Dentro di se' la parola mamma, ripetuta a vuoto centinaia di volte, e la certezza di essere orfana di due madri viventi, profondamente diverse, ma unite dalla propria noncuranza. ..." Io ero semplicemente l' Arminuta, la ritornata, parlavo un' altra lingua e non sapevo più a chi appartenere..."
È un romanzo intenso, sorprendente, costruito sul dolore della perdita in un desiderio di inclusione in un mondo che al contrario ci ha respinto, abbandonato, dimenticato.
È una voce che ci parla di lunghi silenzi, di una vita ancestrale basata su gesti ripetuti, selvaggi, dove la violenza è sempre stata norma, educazione, senso di appartenenza ed accudimento, ma anche le buone maniere, la condivisione, la raffinatezza, l' agiatezza possono rivelarsi un mondo all' improvviso sconosciuto ed astratto.
Ed allora, rimane solo cio' che siamo intimamente, abbiamo vissuto e siamo diventati.
Frasi spezzate, come quella vita, dialoghi tronchi, secchi, aspri, pungenti, espressioni dialettali che affettano l' aria ed odorano di terra, e quella marcata fisicità che accomuna lunghi silenzi, sguardi selvaggi ed assenze protratte. Ogni parola sembra, quasi pudicamente, addentrarsi nel dolore della protagonista. Ogni gesto è un pezzo di storia, respira di antico, di tradizione, anche di solitudine e disperazione. Ogni personaggio è parte di un universo complesso per essere espressione di se'.
La protagonista, a tutti gli effetti, è una ragazza che si sente orfana e si traveste da mamma ( non madre ), declinando progressivamente il vuoto esistenziale con un maturazione prematura e necessaria, o semplicemente dando voce alla bellezza dell' amore e della speranza giovanile spintasi oltre ogni limite e sopportazione, perché un grande dolore ( elaborato il trauma) rimane ma può generare un nuovo senso di appartenenza e condivisione, con se' e con gli affetti più cari.
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