Non ci sono molti libri che parlano della resistenza nelle montagne del Veneto, e in particolare del vicentino. Se pure ci sono, questi sono molte volte dei saggi come i lavori di Gramola e Gios. Che una penna illustre come quella di Meneghello si sia occupata in prima persona di questo soggetto, avendo egli stesso partecipato attivamente al movimento di resistenza, è veramente un regalo piovuto dal cielo.
La resistenza vicentina, o veneta in generale, a differenza di quella combattuta nelle langhe piemontesi è attorniata da una sorta di aurea molto più debole, tanto che è stata messa, e lo è tuttora, in discussione in diverse occasioni circa la sua efficacia e utilità. Sarà che nel territorio del nord-est il vento contrario alla resistenza soffia oramai da diversi decenni e poiché le iniziative locali sono a carico delle amministrazioni, che di solito sono di una certa parte politica, la resistenza tout court è finita per essere ottimisticamente dimenticata, il più delle volte bistrattata.
Il libro di Meneghello rende giustizia di un movimento che, se è vero che alterna luci e ombre, è stato però fondamentale per la storia del territorio e per la sua liberazione. La penna di Meneghello poi rende la lettura dei fatti trascorsi in neanche 2 anni molto piacevole e veloce, tanto da giustificare ampiamente lo sforzo per conoscere fatti e persone che la guerra di resistenza l’hanno fatta.
Da tutte le vicende raccontate con estrema precisione (il libro è stato scritto a decenni di distanza dai fatti) e pertinenza, emerge chiaramente come poche delle persone coinvolte nel processo di liberazione avevano una preparazione adeguata, e che le idee e motivazioni dei protagonisti non erano per nulla omogenee. Meneghello mostra quello che era un gruppo di ragazzi ventenni o poco più che non avevano una chiara idea né di quello che facevano né di chi era materialmente il nemico (sì, questo in astratto era il nazional fascismo repubblichino, ma materialmente non sempre era facile riconoscere chi era il nemico). Di azioni di guerriglia non c’è praticamente nulla, molte degli episodi descritti si risolvono in dialoghi sulla società presente (molto interessanti le riflessioni dell’autore sulla società contadina vicentina) e su quella che verrà, alimentati dalla speranza e dall’idealismo che spesso alimentano gli animi dei ventenni.
Il libro è e resta una testimonianza di grande importanza sia storica che letteraria.
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