Non sono un degustatore professionale, ma ho assaggiato tante varietà di Arabica al 100%, spaziando dalle abbordabili miscele geograficamente eterogenee (i c.d. blend) ai più costosi caffè “monorigine” (conosciuti anche come “monoarabica” o “single origin”). L’articolo, oggetto di questa recensione, appartiene alla prima delle categorie richiamate; raccoglie, infatti, referenze biologiche di Arabica pura, provenienti da varie regioni geografiche, che vengono tostate e confezionate in Belgio. È contrassegnato dal marchio “Happy Belly”, appartenente all’ampio portafoglio di Amazon, che lo concede in licenza a produttori terzi per la creazione di una folta schiera di generi alimentari. In questo caso il prodotto fa parte della linea “Select” del predetto brand, cioè quella formata da prodotti “premium”, ossia realizzati con ingredienti di qualità più elevata.
§1. Il packaging e l’etichettatura.
Il prodotto viene recapitato in una scatola di cartone riciclabile, contenente 4 distinte confezioni sottovuoto da 500 g di caffè macinato. Si tratta di buste perfettamente sigillate, realizzate in “triplice accoppiato”, un film flessibile composto da due strati plastici intramezzati da uno di alluminio, il quale, oltre ad essere resistente in fase di trasporto, crea un’efficace barriera contro la generalità degli agenti esterni (luce, acqua, ossigeno, odori, ecc.), garantendo un’appagante stabilità dell’alimento. Nel rimuovere l’imballaggio, non ho, in effetti, trovato traccia né di umidità, né di aria in nessuno dei 4 sacchetti.
L’etichettatura, anche in italiano, è chiara ed esaustiva. Emerge che si tratta di un’Arabica al 100%, le cui qualità organolettiche sono le seguenti: caffè dolce, delicato e gradevolmente acido con un’intensità di 3 su 5. Viene precisato che il tipo di macinatura si addice a diverse modalità di preparazione (macchine a pressione, a filtri e moka), suggerendo di rispettare la dose di 2 cucchiaini (da caffè) di polvere per ogni tazza; si raccomanda, inoltre, di utilizzare il prodotto entro tre settimane dall’apertura della confezione (il c.d. “PAO”: “period after opening”), conservandolo in un contenitore ermetico in un luogo fresco, buio e asciutto. Personalmente con la moka non ho riscontrato problemi anche quando ho aumentato leggermente il dosaggio consigliato.
L’esterno della confezione è ricco di informazioni, che l’economia della presente trattazione non mi consente di analizzare integralmente; mi limito, pertanto, a richiamare solo quelle che reputo più rilevanti per il lettore. A fianco all’indicazione della compatibilità con i regimi dietetici vegetariano e vegano, compare la c.d. “Eurofoglia”, ossia il logo di produzione biologica dell’Unione Europea, rappresentato da una foglia stilizzata, disegnata con dodici stelle bianche su sfondo verde brillante con al centro una cometa; quest’emblema assevera che almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola sono stati prodotti con metodo biologico. In questo caso viene anche specificato che la coltivazione è avvenuta in àmbito extraeuropeo. Abbiamo poi il simbolo afferente alla validazione “UTZ”, la quale garantisce che il caffè è stato prodotto da coltivatori osservanti un codice di comportamento teso al raggiungimento di un’agricoltura sostenibile, ossia rispettosa delle persone e del pianeta. Una peculiarità, questa, che, analogamente alla certificazione biologica, è proficua per lo stesso consumatore, il quale, oltre ad esser certo che il prodotto è stato realizzato in maniera responsabile sotto il profilo etico ed ambientale, può contare su una sua maggiore tracciabilità, foriera di qualità e sicurezza alimentare.
Ognuna delle 4 buste reca il c.d. “termine minimo di conservazione” (o “TMC”), il quale, espresso dalla formula “Da consumarsi preferibilmente…”, è collocato piuttosto avanti nel tempo (oltre 18 mesi rispetto al momento della consegna). Sottolineo che tale data pertiene al profilo della qualità e non a quello della sicurezza; rappresenta, infatti, il termine temporale fino al quale l’alimento mantiene intatte le sue proprietà se conservato correttamente, ossia, secondo quanto riportato sulla confezione, in luogo fresco ed asciutto. Superato il “TMC” non diventa pericoloso per la salute; sarà ancora possibile consumarlo, ma le sue caratteristiche organolettiche e di gradimento inizieranno a subire una progressiva flessione.
Segnalo, infine, che, la presenza, di fianco all’indicazione del peso, della “℮” rappresentativa del c.d. “simbolo di stima”, la quale certifica che il divario tra la quantità effettiva contenuta nella confezione e quella nominale riportata in etichetta non eccede i limiti fissati dalla normativa dell’Unione Europea.
§2. La prova.
Col rischio di risultare noioso, devo far precedere la mia analisi da alcune puntualizzazioni che potranno aiutare il lettore a valutare il grado di affidabilità della mia disamina. Come anticipato, non ho frequentato corsi per assaggiatore/degustatore di caffè, quindi non sono un qualificato “coffee taster”; posso solo vantarmi di aver provato molti tipi di Arabica, assai differenti l’uno dall’altro per qualità e per prezzo. Sono consapevole che la valutazione di un caffè coinvolge tutti i sensi ed esige che questi debbano essere particolarmente “addestrati”, e mi rendo conto di non versare in questa condizione ideale. Reputo, però, di aver maturato una certa esperienza/memoria gustativa, che rappresenta un valido supporto per un esame comparativo. Nella preparazione casalinga del caffè sono un “convinto misoneista”; non uso, però, la “napoletana col cuppetiello” di eduardiana memoria, ma esclusivamente la moka. La crema non sarà certo quella dell’espresso, ma il rituale preparatorio, il gorgoglio del liquido che sale nella colonnina e il profumo inebriante che progressivamente conquista tutti gli ambienti domestici ancor oggi mi rapiscono, evocando preziosi ricordi ad ogni reiterarsi di questa “liturgia”. Per il caffè di cui ci stiamo occupando ho impiegato proprio la mia caffettiera in alluminio, servendomi sia della versione da una tazza che di quella da tre tazze, con risultati pressoché sovrapponibili. In tutte le occasioni, in ossequio alle mie abitudini, la preparazione è avvenuta nel pedissequo rispetto delle istruzioni del fabbricante del dispositivo e del produttore dell’alimento. Prima di degustare il caffè, al quale non ho aggiunto zucchero, ho sempre bevuto un bicchiere d’acqua naturale per pulire il palato.
A mio giudizio, questa miscela ha un gusto rotondo, cioè, conformemente a quanto riportato in etichetta, ha delle proprietà organolettiche abbastanza bilanciate, equilibrate: nessuna di esse prevale sulle altre. Nell’aprire la confezione sottovuoto si percepisce un odore piacevole, che è mediamente marcato; la stessa sensazione si avverte quando il liquido sale nel contenitore della moka e nel momento in cui viene versato nella tazza. Si tratta di un profumo fruttato, sintomatico di una particolare finezza/qualità aromatica, che, essendo, come accennato, di media intensità, si rivela conforme a quel valore di 3 su 5 dichiarato dal produttore.
La crema, color nocciola con sfumature più scure, ha una consistenza percepibile, ma non è molto persistente; occorre, però, sempre tener a mente che non ci troviamo di fronte ad un espresso. Al primo approccio con la tazzina si avverte un sapore delicato e gradevolmente dolce, che si diffonde in bocca con il progredire del sorseggio. Non ci sono fastidiose punte di amarezza, ma solo una leggera acidità; nel complesso, la bevanda risulta facilmente digeribile e consentanea ad ogni momento della giornata.
L’esame palatale rivela una consistenza di media entità; un corpo medio, che denota una presenza non eccessiva di solidi in sospensione (oli, acidi organici e composti vari) e che verosimilmente è riconducibile, anche se non in via esclusiva, al fatto che si tratta di un caffè “lavato” e sottoposto ad una tostatura media (la colorazione della polvere non è particolarmente scura). All’interno delle guance e sulle gengive non si avvertono quelle sensazioni di raggrinzimento e di secchezza, caratteristiche dell’astringenza. Al termine della degustazione rimane in bocca un sapore leggero, piacevole, indice di una buona qualità del retrogusto, il quale ha anche una certa persistenza.
Il riscontro positivo ottenuto mi porta a ritenere equo e concorrenziale l’attuale prezzo di 11,70 euro per 2 kg di caffè macinato, che, essendo diviso in 4 confezioni, conserva la sua freschezza più a lungo. Mi preme sottolineare che è piuttosto difficile trovare una pura Arabica biologica, tra l’altro anche certificata “UTZ”, con un costo al chilogrammo di 5,85 euro.