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Il mondo contemporaneo è terrorizzato dalla sofferenza. La paura del dolore è cosí pervasiva e diffusa da spingerci a rinunciare persino alla libertà pur di non doverlo affrontare. Il rischio, secondo Han, è chiuderci in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia, perché è solo attraverso il dolore che ci si apre al mondo. E l'attuale pandemia, argomenta il filosofo tedesco-coreano, con la cautela di cui ha ammantato le nostre vite, è sintomo di una condizione che la precede: il rifiuto collettivo della nostra fragilità. Una rimozione che dobbiamo imparare a superare. Attingendo ai grandi del pensiero del Novecento, Han ci costringe, con questo saggio cristallino e tagliente come una scheggia di vetro, a mettere in discussione le nostre certezze. E nel farlo ci consegna nuovi e piú efficaci strumenti per leggere la realtà e la società che ci circondano.
«Han è un ottimo candidato a essere il filosofo della nostra epoca».
Los Angeles Times
«Il filosofo tedesco piú letto nel mondo».
El País
«Uno dei piú importanti filosofi contemporanei».
Avvenire
«La punta di diamante di una nuova, accessibile filosofia tedesca».
The Guardian
«Dovremmo essere grati per l'audacia con cui Byung-chul Han cerca di ritrarre un mondo la cui complessità rischia ogni giorno di sopraffarci».
Der Spiegel
“Byung-Chul Han identifica la forma contemporanea del super-ego”
Slavoj Žižek
L’odierna ossessione per un’autenticità fondata sul narcisismo dell’Io, la costante ricerca del nuovo e dell’inedito, la bulimia consumistica dell’usa e getta che pervade ogni ambito determinano, nei rapporti e nelle pratiche che caratterizzano la società contemporanea, una sempre piú evidente e sintomatica scomparsa delle forme rituali.
Tuttavia, la struttura immutabile e ripetitiva, cosí come la teatralità dei gesti e l’attenzione riservata alla “bella apparenza”, conferiscono ai riti un potere simbolico profondamente unificante. Il silenzio, il raccoglimento, il senso di sacralità necessari allo svolgimento del rito fondano un legame tra il sé e l’Esterno, tra il sé e l’Altro – i riti “oggettivano il mondo, strutturano un rapporto con il mondo”, creando una comunità anche senza comunicazione.
A questa comunità senza comunicazione, propria della società rituale, Han contrappone la comunicazione senza comunità, quel “baccano” in cui, in una società sempre piú atomizzante, il soggetto si esprime e “si produce” ritrovandosi a girare a vuoto attorno a se stesso, privo di un mondo e di reali interazioni. Per infrangere questo cortocircuito, e all’interno di una piú ampia critica delle patologie del contemporaneo, Byung-Chul Han propone un recupero del simbolismo dei riti come pratica “potenzialmente in grado di liberare la società dal suo narcisismo collettivo”, riaprendola al senso di una vera connessione con l’Altro – e reincantando il mondo.
"Transparency is the order of the day. It is a term, a slogan, that dominates public discourse about corruption and freedom of information. Considered crucial to democracy, it touches our political and economic lives as well as our private lives. Anyone can obtain information about anything. Everything—and everyone—has become transparent: unveiled or exposed by the apparatuses that exert a kind of collective control over the post-capitalist world.
Yet, transparency has a dark side that, ironically, has everything to do with a lack of mystery, shadow, and nuance. Behind the apparent accessibility of knowledge lies the disappearance of privacy, homogenization, and the collapse of trust. The anxiety to accumulate ever more information does not necessarily produce more knowledge or faith. Technology creates the illusion of total containment and the constant monitoring of information, but what we lack is adequate interpretation of the information. In this manifesto, Byung-Chul Han denounces transparency as a false ideal, the strongest and most pernicious of our contemporary mythologies.
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